Morganti sarà punito: 2-3 turni di stop e niente Juventus fino a fine stagione

Chi sbaglia, paga. Il fischietto dei veleni di Emidio Morganti resterà per almeno due tappe di campionato (rischia anche una terza) chiuso nella borsa dell’arbitro marchigiano perché, Mimì, i prossimi 180 minuti di serie A, li vivrà da spettatore. La notte del fallo di mano di Bovo a Palermo ha messo all’indice quello che viene giudicato da molti addetti ai lavori come l’arbitro numero uno nel nostro attuale panorama: Morganti ha commesso un errore grave, sottolineano i vertici dell’Aia – l’associazione italiana arbitri – che a fine stagione si troveranno davanti al dilemma se concedere un altro anno di deroga al fischietto di Ascoli o far calare il sipario sulla sua carriera. Morganti è all’undicesimo anno di direzioni ad alto livello, uno in più di quanto previsto per chi come lui non è mai diventato internazionale. Così, se a luglio non dovesse entrare in un nuovo regime di deroga, mercoledì sera l’arbitro marchigiano potrebbe aver diretto per l’ultima volta la Juve. Per motivi di opportunità, infatti, i vertici dell’Aia sarebbero intenzionati a non fargli più incrociare il destino dei bianconeri da qui alla fine del campionato. Una sorte simile è toccata nel recentissimo passato a Tagliavento, colpevole, per Mourinho, a tal punto da meritarsi il famoso gesto delle manette durante Inter-Sampdoria. Era la sera del 20 febbraio scorso, Tagliavento non arbitrò i nerazzurri per il resto della stagione, ritrovando l’Inter di Benitez a ottobre a Cagliari.\r\n\r\nAmarezza, disapprovazione, sospetti. Il dopo gara di Palermo ha portato la Juve al contrattacco e il Palazzo del nostro pallone a giocare in difesa. «C’è bisogno di riconoscerlo? Sull’errore di Morganti non ci sono dubbi…», così il gran capo degli arbitri Marcello Nicchi. I dubbi sono, invece, quelli espressi già nella notte siciliana dall’amministratore delegato bianconero Giuseppe Marotta (l’ad e Del Neri potrebbero rischiare il deferimento per le frasi del dopo gara). Il ragionamento della Juve affonda nei sospetti. I vertici di corso Galileo Ferraris si aspettano chiarezza una volta per tutte sui passaggi di Calciopoli-bis, quelli emersi nell’aprile scorso dopo la scoperta da parte dei legali di Moggi di intercettazioni inedite che hanno strattonato nello scandalo altri dirigenti e altri club. L’Inter, Moratti e il compianto Facchetti su tutti. Per il club bianconero il tempo delle risposte della giustizia sportiva si allunga e, nel frattempo, gli episodi (anche macroscopici come appunto il fallo di mano in area di Bovo) ai danni di Del Piero e soci si sommano. Una coincidenza? «Ho ascoltato le dichiarazioni di Marotta. Comprendo – così il presidente della Figc, Giancarlo Abete – l’amarezza e la delusione in un momento già complesso della squadra bianconera per un grave errore come quello di Morganti, ma ciò che posso dire è che non esiste naturalmente alcun tipo di relazione tra le iniziative di politica sportiva da parte dei singoli club (come l’esposto della Juve per la revoca dello scudetto del 2006 dato a tavolino all’Inter, ndr) e i comportamenti del mondo arbitrale, con i suoi errori».\r\n\r\nLa giustizia sportiva fa il suo corso («Ribadisco, però, il mio auspicio che entro la fine di questa stagione arrivi a conclusione il lavoro della Procura federale…», insiste Abete), il mondo arbitrale va per la sua strada e la Figc non può che garantire neutralità: questo il verdetto del governo del calcio sui fatti di Palermo. Alla Juve si lavora con le bocche cucite e la voglia di rimettersi in linea di galleggiamento senza cadere negli alibi, ma rimarcando con fermezza quel qualcosa che doveva essere sanzionato e non lo è stato. «Boicottaggio totale e azioni legali contro la Federcalcio», il tam tam dei tifosi sul web mentre Zamparini prepara un regalo ai bianconeri. «Gli donerò un lacrimatoio. D’altronde – ironizza il patron del Palermo – la storia ci insegna che da vent’anni subiscono torti e prevaricazioni». Per una volta si è dimenticato di offendere gli arbitri.\r\n\r\n(Credits: ‘La Stampa’)