Fair play finanziario: Juventus promossa, Milan bocciato

Cartellino rosso per Manchester City, Liverpool, Chelsea, Inter. Giallo per Milan, Real Madrid, Barcellona, Manchester United. Lode e bacio in fronte per Juventus, Bayern Monaco e Olympique Lione. Lo scorso 11 gennaio Michel Platini, presidente dell’Uefa, si è ben guardato dal fornire la sua lista dei buoni e, soprattutto, dei cattivi club, quelli che vincono i campionati a colpi di deficit, indebitamento e patrimoni netti negativi. Le roi Michel è uomo troppo accorto per gettare in pasto alla stampa un elenco di reprobi potenti e irritabili. Ma, al momento, la situazione è proprio questa. E per un cartellino rosso la sanzione minacciata dalla Federcalcio europea è l’esclusione dalle coppe continentali. Per meglio dire, dalla Champions League, la sola Coppa che dia prestigio e quattrini.\r\n\r\nL’anno nuovo ha portato, insieme al classico calciomercato invernale, le prime schermaglie del fair play finanziario. Il nuovo ordine economico del calcio europeo entra in rodaggio nella stagione 2011-2012, va in vigore dopo un biennio e passa a regime dal 2013-2014, con l’idea di arrivare al pareggio fra entrate e uscite nel 2016-2017. Variamente presentato come un’applicazione del dogma Robin Hood (togliamo all’Inter per dare al Chievo e al Real per dare all’Osasuna) oppure come il fallimento prossimo venturo, il fair play contabile è l’ultimo tentativo per arginare la follia di un mondo che, ad avere un minimo di onestà storica, non ha mai brillato per efficienza imprenditoriale. Ma le cifre, ormai, sono insostenibili.\r\n\r\nNel 2009 il business del pallone europeo ha incassato 11,7 miliardi di euro e ne ha spesi 12,9, con un deficit di 1,2 miliardi di euro in crescita vertiginosa (più 85 per cento) rispetto al 2008. Nel G5 continentale, quelli messi peggio sono inglesi e spagnoli. A metà strada, la serie A. Meglio i francesi e i tedeschi, che già da qualche anno si sono costruiti il loro fair-play casalingo, scontandolo con la carestia di successi in Champions ed Europa League. Il 2010 sarà peggio. La Bundesliga tedesca, esempio di virtù, con stadi spesso di proprietà e riccamente sponsorizzati dalle aziende, ha appena annunciato che chiuderà in rosso per la prima volta dal 2003. Il deficit si aggira intorno ai 100 milioni di euro. E se piangono i tedeschi, nessuno può ridere.\r\n\r\nIn Italia le reazioni alle regole di austerità sono state in linea con la tradizione. In prima battuta, tutti si sono detti d’accordo. E i big spender più degli altri. Alla fine, hanno detto, siamo noi a rimetterci di più. Il Milan di Silvio Berlusconi ha mantenuto una linea di rigore economico per tutta una stagione (2009-2010), dominata dai concittadini dell’Inter, per poi cedere di schianto e, dopo avere licenziato l’allenatore Leonardo, comprare a man bassa. Massimo Moratti ha tenuto qualche mese in più. Dopo avere presentato un bilancio miracoloso con appena 69 milioni di perdite contro i 150-200 dei due anni precedenti, 431 milioni di debiti e un patrimonio in rosso per 7 milioni, Moratti si è reso conto di essere in ritardo in classifica e sta riparando con gli acquisti di gennaio. L’oculata Juventus, a metà stagione, è già stata eliminata dalla Coppa Italia, dall’Europa League ed è staccata in campionato. Il Napoli emergente di Aurelio De Laurentiis ha infilato il quarto bilancio in utile consecutivo. Un exploit eccezionale, per carità. Ma c’è una bella frenata dai 12 milioni del 2007-2008, gli 11 milioni del 2008-2009 e i 300 mila euro dell’ultimo esercizio. E il bilancio 2010-2011 parte con un rosso da campagna acquisti di oltre 10 milioni. Del resto, Cavani non te lo regala nessuno e non si arriva in alto senza fuoriclasse.\r\n\r\nIl fair play, però, dovrebbe aiutare proprio i club che mantengono l’equilibrio fra ambizione sportiva e spese. Agli antipodi di questo modello ci sono gli inglesi, con un campionato celebrato e incensato sotto il profilo spettacolare e una struttura finanziaria alla disperazione. La Premiership, prima in Europa per incassi, è prima anche per debiti (4 miliardi di euro, il doppio della serie A) e quest’anno ha festeggiato con un ulteriore record sgradito. Per la prima volta un club di Premier League, il Portsmouth, è finito in amministrazione controllata. Grossi guai anche per lo United, che un anno fa ha dovuto emettere un bond da 500 milioni di sterline per ristrutturare i suoi conti, e per il Liverpool ceduto dalla coppia statunitense Hicks-Gillett. Il colpo di grazia alla dissipazione made in England l’ha data l’ennesimo straniero. Quando Roman Abramovich del Chelsea ha annunciato un relativo pentimento, poi smentito dall’acquisto di Fernando Torres per 58 milioni, ci ha pensato Mansur bin Zayed al Nahyan, della famiglia reale di Abu Dhabi, a comprare tutto a qualunque prezzo per il Manchester City.\r\n\r\n(Credits: ‘L’Espresso’)