Sconcerti: “Quella di Ferrara non è una squadra di calcio”

L’errore della Juve è considerarsi soltanto il problema di un perio­do. Società e tecnico vivono come fosse­ro dentro un destino avverso che prima o poi passerà. Dicono che i problemi ci sono ma sono psicologici, come quelle malinconie giovanili che scompaiono appena s’impara ad amare. Non è così. La Juve si riprenderà e tornerà a vincere, certo, ma non avrà mai la cifra che i suoi le attribuiscono. La squadra non ha né attacco né difesa. Ha forse sbagliato mer­cato, ma i suoi problemi più urgenti non sono Diego e Melo. Amauri un an­no fa aveva segnato 11 reti, oggi 4. Del Piero 6, oggi zero. Solo due volte i gol di Trezeguet hanno dato punti. Giovinco non ha mai inciso. Iaquinta è fuori da molto tempo. A questa situazione ne ri­sponde una in difesa anche peggiore. Lo scorso anno la Juve aveva segnato 30 re­ti e ne aveva subite 13. Oggi ha pratica­mente gli stessi gol fatti, ma ne ha subiti 8 in più, cioè oltre il 60%. È chiaro che esiste un problema di assetto difensivo. Ma se gli attaccanti non segnano e i di­fensori non coprono, il problema diven­ta generale, di struttura. Altro che psico­logia. L’errore è continuare a considerar­si competitivi quando non lo si è. Non è obbligatorio vincere il campionato, è ob­bligatorio capire se stessi per riassestar­si il più in fretta possibile. La Juve man­ca come squadra. Vive ancora sulla spin­ta delle quattro vittorie iniziali. Ma negli ultimi tre mesi ha fatto 18 punti in 13 partite, come Bari e Chievo, che infatti non pensano di poter vincere il campio­nato. Credere che questo vuoto dipenda da Melo o Diego significa non voler af­frontare il problema. È la squadra che manca (e non è adesso nemmeno fortu­nata). È il gruppo che non c’è e non ha voglia di esserci. I brasiliani da una par­te, gli italiani dall’altra. Tutti ad aspetta­re una mossa decisiva da una società che invece è sicura di meritarsi qualcosa di più dai giocatori. Sono situazioni esa­sperate che non può risolvere Ferrara, troppo fresco, ancora troppo giocatore, troppo poco tecnico in una storia in cui può soltanto incrociare le dita. La prima cosa da fare è comunque ammettere la malattia. Poi c’è da cambiare subito qual­cosa di serio, senza buttare via tutto.\r\n(Di Mario Sconcerti per il Corriere della Sera)

Condividi
Pubblicato da
Alberto Zamboni