L’ictus, l’emorragia, il pericolo di morte: il campione juventino torna a casa I Tre anni d’inferno: “ho paura”

La bandiera della Juventus confessa il periodo traumatico che ha vissuto, la ripresa dopo l’ictus che lo ha colpito e la lenta rinascita
La Juventus ha avuto nel corso della sua storia diversi giocatori che hanno sposato il progetto bianconero, indossando quei colori per molte stagioni, al punto da diventare bandiere e idoli della tifoseria. Gli ultimi, in ordine cronologico, sono stati Alex Del Piero e Gianluigi Buffon, capaci di condividere tante vittorie ma anche il dramma della retrocessione.
L’attuale capo delegazione della Nazionale italiana ha difeso nel migliore dei modi i pali del club torinese, con interventi pregevoli che hanno influito sulla conquista di trofei, con il rammarico di non avere mai alzato quello della Champions League.
C’è, invece, riuscito, un suo predecessore, che a cavallo tra gli anni ’80 e ’90 è diventato l’unico portiere a essersi aggiudicato tutte le cinque competizioni UEFA per club all’epoca vigenti, meritandosi anche un posto nella competitiva rosa azzurra che ha partecipato ai Mondiali giocati in casa nel 1990.
Un estremo difensore che faceva dell’agonismo il suo marchio di fabbrica e che era in grado di esaltarsi più la posta in palio era alta, provocando anche gli avversari per acquisire maggiori motivazioni e dare il massimo sul terreno di gioco.
L’ictus, la corsa in ospedale e la lunga ripresa
Nell’aprile 2022 è stato colpito da un’ictus e quasi due anni dopo è tornato in televisione per raccontare cosa ha vissuto in quei giorni. Lui è Stefano Tacconi che ha lasciato l’ospedale di Alessandria dopo molti mesi dall’aneurisma cerebrale che lo ha costretto a un lento percorso riabiltativo.
Tacconi è stato intervistato a Verissimo su Canale5 e ha parlato di un forte mal di testa che ha avvertito dopo un viaggio di oltre 3000km in macchina, il primo segnale di ciò che sarebbe, di lì, a poco successo.

Il figlio lo ha salvato, oggi deve convivere con la paura
Fondamentale è stato il pronto intervento di suo figlio che conosceva le pratiche di primo soccorso: “Me la sono vista brutta, pensavo di essere immortale e invece dietro l’angolo c’era qualcosa di inaspettato. Fortunatamente il giorno che mi è successo c’era con me mio figlio Andrea“.
Dopo il ricovero è stato complicato tornare alla vita di prima: “Ho dovuto ricominciare tutto da capo, a camminare e a parlare. Ora mi dicono che devo stare attento perché può tornare l’emorragia, ed è quello che mi fa un po’ più paura, perché io non sto mai fermo“.
