La coerenza, questa sconosciuta

Molti juventini hanno la memoria corta oppure esprimono giudizi basati sulle proprie simpatie o antipatie: il perché spiegato in cinque punti

La Juventus batte 2-1 il Parma e si porta a +4 dall’Inter di Antonio Conte, ad oggi principale rivale per la conquista del tricolore. Punti importantissimi quelli ottenuti dai bianconeri, che dovranno cercare di mantenere questo distacco (o magari ampliarlo) prima della delicatissima ripresa della Champions League.

Se siete stati sempre dei “risultatisti”, non potrete non essere dalla parte di Maurizio Sarri, che fino ad ora sta seguendo pedissequamente il motto bonipertiano del “Vincere è l’unica cosa che conta” (nonostante la debacle in Supercoppa Italiana, forse frutto della poca esperienza nell’affrontare partite importanti).

Viceversa, se per anni siete stati portatori e annunciatori di una nuova “filosofia di calcio” in casa Juve, non potrete in alcun modo essere felici di quanto sta accadendo in questa stagione, pena la scarsa coerenza del vostro pensiero (o forse la poca onestà intellettuale).

Già, perché il pensiero di alcuni tifosi, su alcuni punti, è improvvisamente cambiato, pur di non ammettere che, dalle parti della Torino bianconera, sarà sempre la filosofia Juventus a prevalere su quella del proprio tecnico, qualunque sia il nome di quest’ultimo.

Punto 1: il bel gioco

Dopo l’addio di Antonio Conte e l’arrivo di Massimiliano Allegri, il dibattito attorno al gioco della Juventus si è improvvisamente acceso. Innegabile che, specialmente nell’ultimo anno, la squadra del tecnico toscano avesse un ritmo troppo lento e compassato, come è emerso con evidenza nella gara di ritorno contro l’Ajax, che è costata ai bianconeri l’eliminazione dalla Champions League.

In questa critica, però, si nasconde una doppia incoerenza, sia relativa al passato che al presente. In pochi si ricordano (o fanno finta di non ricordare) che l’ultima Juve di Antonio Conte (sì, quella dei 102 punti) avesse un gioco soporifero, frutto di un 3-5-2 ormai spremuto e portato all’eccesso delle proprie possibilità. Ma questo è un passato troppo lontano, ed è giusto non dedicarci troppo tempo.

Concentriamoci, invece, sul presente. Maurizio Sarri è stato accolto da alcuni tifosi bianconeri come il salvatore (con la S rigorosamente minuscola, per non scadere nella blasfemia), come colui che, dopo anni di interminabile noia (ma con undici trofei in più in bacheca) avrebbe riportato le “bollicine” dalle parti della Continassa. Dopo un inizio di stagione caratterizzato da sprazzi di “Sarrismo” – vedi le partite contro Napoli e Atletico Madrid – l’allenatore bianconero sembra aver virato con decisione verso una nuova “fase della consapevolezza”. Già, consapevole che, a Torino, il risultato viene sempre prima del modo in cui lo si ottiene, e che i campioni, alla fine, fanno sempre la differenza, specie nei momenti di massima difficoltà.

Punto 2: la consapevolezza europea

Un altro grande merito di Maurizio Sarri, senza ombra di dubbio, è quello di aver portato la Juventus agli ottavi di finale di Champions League dopo sole quattro partite del girone, evento accaduto solo due altre volte nella lunga storia europea della Vecchia Signora. Si è parlato a lungo, a tal proposito, di una nuova “consapevolezza europea” dei bianconeri, frutto di un cambio di mentalità apportato dal nuovo allenatore. Errore, anche questo (o sempre disonestà intellettuale, a seconda che si creda nella buona fede o meno delle persone). Ripeto: se siete sempre stati dei “risultatisti”, non dovreste sentirvi toccati nemmeno da questo secondo punto. Alcune partite, infatti, sono state vinte grazie alla cosiddetta giocata del campione (vedi la rete di Dybala contro l’Atletico Madrid o la sgroppata di Douglas Costa nell’insidiosa trasferta russa con la Lokomotiv Mosca) mettendo così in secondo piano tutto il resto e lanciando così un palese segnale anche in campo europeo: vincere è l’unica cosa che conta.

Inoltre, parlare di scarsa “consapevolezza europea” sotto la gestione Allegri non solo è sbagliato, ma è anche sintomo di una memoria storica fallace. Stagione 2014/2015: Borussia Dortmund-Juventus 0-3, Juventus-Real Madrid 2-1, Real Madrid-Juventus 1-1. Stagione 2015/2016: Bayern Monaco-Juventus 4-2 dopo i tempi supplementari, e dopo aver dominato i tedeschi per 70 minuti, pur con cinque titolari infortunati. Stagione 2016/2017: Porto-Juventus 0-2, Juventus-Barcellona 3-0, Monaco-Juventus 0-2. Stagione 2017/2018: Tottenham-Juventus 1-2, Real Madrid-Juventus 1-3. Stagione 2018/2019: Juventus-Atletico Madrid 3-0. Interessante, a tal proposito, è il confronto tra l’ultima Juve europea di Conte e la prima di Massimiliano Allegri, che rispetto al suo predecessore poteva contare solo su Morata ed Evra in più nella propria rosa.

Punto 3: il mercato e la “coperta corta”

In questi mesi, in una parte della tifoseria bianconera, si è sentito tanto parlare di “coperta corta”, specie quando la Juventus di Maurizio Sarri, pur vincendo, è apparsa in difficoltà nella gestione della partita per 90 minuti. “Questa Juve non è all’altezza”, “Servono giocatori con diverse caratteristiche”, “Il centrocampo è il più scarso di questo ciclo di successi”, “Servono almeno tre innesti per poter vincere in Europa”. Queste sono solo alcune delle frasi che, ripetutamente, si sono alternate sui vari social network, frutto di giudizi talvolta troppo affrettati e, purtroppo, anche questa volta parzialmente incoerenti.

Lo scorso anno, infatti, nessuno perdonò a Massimiliano Allegri la prematura uscita dalla Coppa Italia contro l’Atalanta e la sconfitta (seppur brutta) patita all’Allianz Stadium contro l’Ajax. Il motivo? Quella era la Juve più forte di sempre, che con l’avvento di Cristiano Ronaldo avrebbe dovuto, come minimo, raggiungere la finale di Champions League e conquistare il mondo intero. Quel centrocampo era fortissimo, questo (con Ramsey e Rabiot in più) non è all’altezza, quella rosa era così ampia da poter affrontare con serenità tre competizioni, questa non lo è più (con un numero di infortuni pressoché identico).

E chi si nasconde dietro al motto del “eh ma questa rosa non è stata costruita per Sarri”, non sta facendo altro che alimentare ulteriore incoerenza. Anche Allegri, per ciò che concerne il mercato, ha sempre avuto poca voce in capitolo. Diciamocelo chiaramente, l’ultimo allenatore che alla Juventus ha voluto “metter becco” nel mercato non ha fatto proprio una bella fine.

La coperta non è corta, o meglio, se non lo era lo scorso anno non lo è nemmeno quest’anno.

Punto 4: la Supercoppa Italiana

Lo scorso dicembre, dopo la sconfitta contro la Lazio, Maurizio Sarri ha perso la possibilità di conquistare il primo trofeo da allenatore della Juventus. Nessun dramma, per carità, ma anche in questo caso, nella tifoseria, si è notata una certa diversità di trattamento rispetto al passato.

Al primo anno in quel di Torino, anche Massimiliano Allegri uscì sconfitto in Supercoppa Italiana, ai calci di rigore, contro il Napoli di Benitez.

“Ecco, in tre mesi è riuscito a distruggere tre anni di lavoro di Antonio Conte”: una frase che continuò a rimbombare per settimane e per tutte le festività natalizie, condita da chi, senza vergogna, chiedeva già le dimissioni del tecnico toscano.

Ora, invece, si invocano la calma (o la “halma”, a seconda del diverso grado di amore e nostalgia nei confronti del passato) e la pazienza, perché Maurizio Sarri ha bisogno di tempo e la squadra non ha ancora assimilato la sua idea di calcio. Non si tratta di schierarsi da una parte o dall’altra (anche perché sarebbe una procedura che, ad oggi, non avrebbe alcun senso), ma solo di evidenziare una linea di pensiero che ultimamente sta evidenziando parecchie incongruenze.

Punto 5: il goal di Higuain contro l’Inter

Ahhhhh, il goal dell’1-2 di Gonzalo Higuain contro l’Inter. Che meraviglia, impossibile dimenticarlo. Ventiquattro passaggi consecutivi prima di arrivare alla conclusione, ma vi rendete conto? Cioè, ventiquattro passaggi, una cosa mai vista sotto la gestione Allegri.

Sbagliato, anche questa volta. Il goal dell’ 1-0 di Morata contro il Real Madrid, nella Champions 2014/2015, arrivò dopo ventisette passaggi consecutivi, nel corso dei quali i Blancos rimasero in totale balia dei bianconeri.

Sia ben chiaro, questo parallelismo non è fatto per sminuire la meravigliosa marcatura del Pipita contro i nerazzurri, ma per sottolineare, ancora una volta, la scarsa memoria storica da parte di chi dà giudizi basati esclusivamente sulle proprie simpatie o antipatie.

Insomma, la Juventus di Sarri ha disputato buone partite e altre meno, così come quella di Allegri e quella di Antonio Conte. Non esaltiamoci per un’azione o per una singola partita. Esaltiamoci a maggio, come abbiamo sempre fatto nella nostra lunga storia. E aspettiamo a giudicare Maurizio Sarri, così come avremmo dovuto fare con Massimiliano Allegri.

Perché alla fine, per citare l’amico Leonardo Briziarelli (in arte “Leomina”), “Maurizio sarà tutto a posto, se qui non festeggi un secondo posto”.