Juve, in Europa mentalità pallida (di Roberto Beccantini)

Un punto d’appoggio, la Juventus in Baviera. Non è molto, non è poco: dipende dal tipo di bilancia, se il gioco, la sofferenza o non piuttosto il risultato delle altre italiane, Fiorentina (per una volta) esclusa: vogliamo parlare del Milan e dello stato in cui versa? Il nostro calcio, al lordo degli stranieri, è questo: prendere o lasciare. L’Inter aveva sofferto il Rubin a Kazan ben prima del rosso a Balotelli. La Juve continua a non perdere con il Bayern, ma ha rischiato l’osso del collo.\r\nLa presenza contemporanea di Camoranesi, Diego, Iaquinta e Trezeguet rappresenta un azzardo: a Ferrara piace caldo. Il problema è rifornire l’attacco senza sguarnire una difesa che, se abbandonata come in campionato, offre troppi spifferi. Non scherza neppure il Bayern, che Van Gaal ha rifondato su Robben, Ribery e la larghezza del campo. Il Bayern sa quello che vuole, la Juve pensa di saperlo: c’è una bella differenza. Diego che libera in extremis su Muller dopo una corsa forsennata significa che la squadra non è messa bene. Non appena uno juventino perde palla, si scatena il contropiede tedesco, alimentato da un fior di pressing. L’uscita di Robben mutila la spinta dei bavaresi. Gli spazi li avrebbe anche la Juve, solo che non è precisa né profonda. Il Bayern è il Bayern, d’accordo, ma siamo ancora lontano da una accettabile dimensione europea. Più equilibrata la ripresa e, dopo la staffetta Diego-Poulsen, più coperta la Juve. Lo stesso Bayern, dittatore a metà, finisce per ritirarsi nei suoi appartamenti, satollo.\r\nLa partita di Monaco rivestiva un’importanza cruciale anche in funzione della Champions 2011-2012: i tedeschi mirano a scalzarci dal terzo posto della classifica Uefa e strapparci una squadra (oggi, quattro). Con l’aria che tira, non sarà facile tenerli a bada. «Scandalo» a San Siro. Lo Zurigo, impallinato dal Real, mortifica il Milan al di là del gol (di tacco!), dello scarto e degli episodi. Non che ci voglia molto, di questi tempi, ma insomma: aggrappati all’Inzaghi di Marsiglia, si pensava e si sperava che l’Europa potesse rianimare i fantasmi del «fu» Milan. Come non detto. La crisi coinvolge tutti i reparti, dalla fase difensiva all’attacco. Leonardo è un unto del «signore» e questo, probabilmente, lo salverà. Nel primo turno, le italiane avevano raccolto cinque punti su dodici, idem questa volta. Piccole lumache avanzano.\r\n(La Stampa)

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Pubblicato da
Alberto Zamboni