Ibrahimovic: “La mia Juve era la squadra più forte. E non solo in Italia…”

“Alessio Secco prima del mondiale mi disse: se hai un’offerta prendila”. Zlatan Ibrahimovic, in una lunga intervista alla ‘Gazzetta dello Sport’ rivela i retroscena del suo addio alla Juventus nel 2006 e poi si lascia andare a qualche considerazione sull’attuale corso bianconero, che non riesce a riportare in alto la Vecchia Signora. Ecco uno stralcio dell’intervista.

Ibrahimovic, che partita sarà Juventus-Milan?

«Molto sentita, noi giocheremoper il primo posto, loro non sono nelle prime posizioni ma vogliono avvicinarsi alla vetta. Juve e Milan sono grandi club con una grande storia, questa partita significa più dei tre punti in palio».

All’andata i bianconeri vi hanno battuto e sembravano poter competere per lo scudetto. S’aspettava dopo quattro mesi di ritrovarli a -17?

«All’inizio pensavo che la Juventus potesse arrivare tra le prime tre. Una stagione è fatta di momenti, credo che a loro sia mancata soprattutto la fortuna».

Ma la fortuna può fare la differenza?

«Non puoi averla per 38 partite, quindi incide poco su un torneo così lungo. Però io credo che abbiano il potenziale per arrivare di sicuro nelle prime tre posizioni».

Pensa che la Juventus stia ancora pagando Calciopoli?

«No, sono passati cinque anni dalla retrocessione e la società ha fatto grandi investimenti, sono arrivati tanti giocatori e credono nel progetto. Hanno un mix di nuovi e vecchi giocatori, come il Milan. Ai miei tempi era un club che aveva la mentalità per vincere tutto. Non so ora che clima ci sia ora nello spogliatoio».

Lei ha vinto sul campo con la Juve lo scudetto del 2006, poi assegnato all’Inter. Condivide la richiesta dei bianconeri?

«Io non l’ho mai dato all’Inter, l’ho sempre sentito mio. Ho fatto sacrifici e ho lavorato per quello scudetto e l’ho vinto con merito, perché eravamo i più forti e non solo in Italia».

Però ha avuto fiuto ad andarsene prima che si sapessero le penalizzazioni per Calciopoli.

«Vorrei fare chiarezza sul mio addio alla Juve. Prima del Mondiale Alessio Secco mi disse “Ibra, se hai qualche offerta prendila”. E io mi sono sentito libero. Poi è arrivato Deschamps e voleva che io restassi, ma lui era venuto per allenare la Juve, non per me. E’ stato strano dover discutere certe cose con Secco (all’epoca fresco ds, ndr), che fino a qualche giorno prima mi diceva a che ora dovevo allenarmi. Fino ad allora avevo parlato solo con Moggi. E poi non volevo andare in B. Io avevo fame di partite importanti».

Si è mai pentito di qualcosa?

«Mai, neanche di essere andato al Barcellona. Anche lì ho imparato».

A ottobre compirà trent’anni. Si sente più maturo?

«Sento di avere più esperienza, sto aiutando i giovani che entrano in squadra, anche in nazionale. Come uomo cresco tutti i giorni, ho due figli».

E’ sorpreso di vedere Del Piero ancora in campo, pronto a rinnovare con la Juve?

«Del Piero è incredibile, alla sua età gioca ancora per vincere. Io dopo i 33 anni non so come starò fisicamente e se avrò ancora la voglia, devo dedicarmi anche alla famiglia. Lui sta bene e ha un entusiasmo straordinario. Quando eravamo insieme alla Juve io giocavo sempre e lui a volte sì e a volte no, ma era fortissimo. Non stavo lì a pensare se l’avrei ritrovato dopo 10 anni, però lo vedevo bene fisicamente».

Del Piero è rimasto fedele alla Juve, lei ha cambiato sei squadre. Le dispiace non essere diventato una bandiera?

«Non mi sarebbe piaciuto essere una bandiera. E’ meglio cambiare piuttosto che restare in una squadra troppo a lungo. Perché cambiando s’impara e un grande giocatore deve dimostrare di essere determinante in più club. Per rendere al massimo servono le motivazioni, a casa tua è sempre facile sembrare forti. Comunque il Milan sarà la mia ultima squadra. Dopo i 33 anni (ha un contratto in scadenza nel 2014, ndr), credo che smetterò. Non voglio restare a sputare sangue fino alla fine».