Diego & C., la serie A costretta in panchina

Di Roberto Beccantini (La Stampa)\r\nLa saga dei Diego. Diego Maradona è un ct che si mangia le unghie, e non solo. Diego Milito, il D’Artagnan dell’Inter, fa da badante ai nani del Pibe (Messi, Aguero, Tevez). Diego è Diego, l’ultima moda della Juventus, non pervenuto perché non convocato. Come Antonio Cassano. Con la differenza che Diego ha davanti Kakà; Cassano, non proprio. Da sabato notte, nel frattempo, il Brasile si è ufficialmente qualificato per i Mondiali, settimo Paese della lista, unico sempre presente alle fasi finali. L’Argentina, viceversa, dovrà ancora sudare. La sconfitta di Rosario è stata più netta dello scarto (3-1). Maradona fu un’investitura popolare e un investimento populista: passano la prime quattro, in Sud America, e la quinta spareggia con la quarta della zona Concacaf. Per essere eliminati, con tutto il rispetto, bisogna proprio spararsi. I Mondiali, li rischiano soprattutto il Pallone d’oro, Cristiano Ronaldo, simbolo del lunatico Portogallo, e il Diego della Juventus, che Dunga ha sacrificato, con Ronaldinho, alla efficacia del progetto.\r\nNei panni di Maradona, «sposerei» Messi e Milito, che non è Batistuta ma l’attaccante che, sul piano fisico, più gli si avvicina. Certo, il calcio non finisce di stupire. Cassano, Diego e Milito, protagonisti assoluti dell’avvio stagionale in Italia, sono sistematicamente ignorati dai rispettivi ct (i primi due) o, al massimo, raccolgono briciole (il terzo). La serie A, in attesa che i nodi transnazionali vengano al pettine, non è il mondo: se mai, il suo ombelico. D’altra parte, non è che il Brasile abbia alzato venti Coppe del Mondo e l’Italietta una. Al contrario, siamo cinque a quattro. Il problema è Dunga: in Germania, Carlos Alberto Parreira volle strafare e impiegò simultaneamente Kakà, Ronaldinho, Ronaldo e Adriano. Morale: fuori nei quarti. Dunga ha studiato alla «normale» di Pisa. Il 3-0 olimpico di Pechino, parole e musica di Messi & Aguero, gli era rimasto sullo stomaco. Che memoria.

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Pubblicato da
Alberto Zamboni